Il Blog di LEMANINPASTA

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Bere vino fa davvero male? [1/2]

Nota dell’editor: il seguente post, inviatoci da Sebastiano Di Maria, mira ad analizzare il dibattito sugli effetti del consumo di vino sulla salute del consumatore. Essendo molto lungo e ricco di interessanti spunti di discussione abbiamo preferito pubblicare in due tranche. Ecco a voi la prima parte, buona lettura.

Non nascondo che trattando, con quest’articolo, un argomento di stretta attualità e pieno d’insidie, con l’obiettivo di fare un po’ di chiarezza, si corra il rischio di incappare in scivoloni o creare allarmismi, perché tale è lo stato dell’arte, frutto di scontri dialettici, e non solo, tra addetti al settore e responsabili di sanità pubblica, tra estimatori e detrattori, tra fautori e puritani.

Non parlo di politica, né tantomeno di economia, ma di qualcosa che, nel bene o nel male, a diverso titolo, appassiona e avvicina sempre più gran parte dei consumatori a un mondo nuovo, ricco di mille sfaccettature, che ci riporta, se vogliamo, alle origini e alla riscoperta e/o rivalutazione della terra e dei suoi frutti, fatta di territori straordinari ed esempio di laboriosità e passione. Naturalmente mi riferisco al vino e alla sua ascesa come “status symbol” del bel paese, non tanto quanto protagonista sulle nostre tavole ma piuttosto come simbolo del turismo enogastronomico, vero motore della vacanza Made in Italy nel periodo di crisi. A dire il vero, chi ha avuto modo di leggere i miei articoli sul blog, si renderà conto che parte di quello che scriverò nelle prossime righe, è stato già affrontato in diversa misura e sviscerato in modo da renderlo comprensivo ai più, dalla nuova normativa sul vino biologico, sul dualismo tra vini convenzionali e vini naturali, sulle nuove frontiere della vinificazione in assenza di solfiti ecc. Un aspetto che ancora non avevo trattato in maniera organica, anche se non sono mancati, come dicevo, accenni in diversi articoli, è quello che riguarda l’effetto del consumo del vino sulla salute del consumatore, dagli effetti dell’alcool fino a quello dei vari elementi presenti, frutto del normale processo fermentativo o da aggiunte di coadiuvanti tecnologici. In realtà avevo già in mente di affrontare di petto questo tema spinoso nei mesi scorsi, dopo il polverone innalzatosi dal messaggio di Jonathan Nossiter, regista del documentario Mondovino, che sul magazine GQ definiva “tossico” un vino non naturale con tutti i risvolti che la cosa ha portato. Tra quelli che ho seguito con maggiore attenzione, perché ricco di spunti e argomentazioni, anche se estremamente tecnicistico, c’è quello scritto dall’amica Anna Pancheri su Trentino Wine Blog che invito tutti ad andare a leggere: “Se il vino è veleno la disinformazione uccide”. Tralasciando il discorso degli effetti dell’alcool sulla salute del consumatore a luoghi e con interlocutori più consoni, cui purtroppo il vino non si sottrae come bevanda alcolica (solo 13-14% di alcool in volume), anche se ingiustamente colpevolizzato e additato da detrattori come simbolo di tutti i mali, cerchiamo di capire quali sono i punti critici di una produzione che, dopo la “bufala” sugli effetti di polifenoli e resveratrolo, possono essere pericolosi per l’uomo.

L’onda emotiva che agita il settore, riassumibile con la crescita del fronte “bere naturale”, non si è placata, anzi, proprio in questi giorni è stato pubblicato un articolo sull’Espresso dal titolo “Puro come vino” (che centri qualcosa il metodo Purovino di cui ho parlato nel mio blog?), che cerca di tracciare delle linee guida su come bere senza pericoli. La lettura dello stesso è servita come spunto per la quadratura del cerchio su una serie di concetti espressi negli articoli precedenti, grazie al contributo, questa volta, di massimi esperti del settore. Andiamo per gradi e cerchiamo di comprenderne al meglio i contenuti.

L’introduzione è di quelle che non lasciano respiro, “tutto fuorché una spremuta di uva invecchiata e profumata”, ponendo l’accento su quelle che sono il numero delle sostanze “chimiche” naturalmente presenti o aggiunte in vinificazione, ben oltre 600. E via giù con un elenco di quelle più comuni, da enzimi e lieviti, naturalmente presenti sull’uva, in generale, ma che nella comune pratica sono aggiunti, opportunamente selezionati e purificati, in base all’obiettivo enologico da raggiungere, aggiungo io, per finire ad alcuni coadiuvanti tecnologici indispensabili per l’estrinsecarsi delle qualità di un vino, dalla migliore DOC fino al vino biologico, ossia sostanze stabilizzanti (chiarificanti proteici o minerali, gomma arabica), antiossidanti (solforosa, tannini, glutatione), esaltatori di aromi e colore (complessi enzimatici), antischiumogeni (lieviti selezionati anche se detto così ha fatto paura anche a me) e così via. A dipanare la matassa ci pensa uno dei massimi esperti nazionali in materia vitivinicola, il Prof. Mario Fregoni, già Ordinario di Viticoltura presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, che sentenzia: “il vino migliore è quello naturale, ossia quello cui non si aggiunge nulla che non sia già presente”, anche se la dicitura “vino naturale”, aggiungo, non esiste come categoria merceologica e pertanto l’eventuale qualifica a fini commerciali è una forma di frode. Ed ecco quindi ripresentarsi il tema dell’etichettatura che, secondo l’autore dell’articolo sull’Espresso, rappresenta il “vero salvavita” per il consumatore, ma che vista la complessità risolverebbe solo in parte la problematica, com’è stato per i solfiti, di cui ritengo debba essere aggiunto in etichetta la quantità presente (utopia?). Per i vini prodotti e/o imbottigliati dall’1 luglio 2012, inoltre, scatta l’indicazione in etichetta degli allergeni (derivati di latte e/o uova) contenuti nei coadiuvanti enologici utilizzati durante la fermentazione e l’affinamento dei vini allo scopo evitare torbidità e fenomeni ossidativi.

Sebastiano Di Maria ha 40 anni, è nato e vive a Larino dove lavora presso l’Istituto Tecnico Agrario. Tecnologo alimentare, dottorato in “Biotecnologie degli alimenti” e master in “Gestione del sistema vitivinicolo”, si occupa di vitivinicoltura sia nell’azienda di famiglia che nella sua attività di wineblogger. L’obiettivo è quello di avvicinare il consumatore al mondo del vino, attraverso varie sfaccettature, per un consumo consapevole. Puoi seguirlo sul suo blog e sul relativo profilo Facebook.

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Questa voce è stata pubblicata il settembre 25, 2012 da in Vino con tag , , , , .